Non ci sono più aggettivi per descrivere lo stato in cui è ridotta la Sanità italiana.
Un servizio scadente, come certificato dalle ricerche che periodicamente vengono diffuse. Merita una riflessione quella illustrata da Rbm Assicurazione Salute nel corso del recente convegno “Reddito di salute” organizzato a Roma dalla Fondazione Farefuturo alla Camera dei Deputati. Secondo lo studio, che fa riferimento ad un approfondimento dell’ottavo Rapporto Rbm-Censis 2018, gli over 60 spendono oltre 23 miliardi di euro per cure private.
“Parliamo di persone – commenta il Segretario Nazionale di Codici Ivano Giacomelli – per lo più affette da una patologia cronica e con un reddito non elevato, che decidono di spendere di più per curarsi fuori dalla sanità pubblica. Non sono ricchi o benestanti, ma i più deboli, che sono costretti a fare sacrifici per potersi curare, perché non possono aspettare i tempi lunghissimi del pubblico”. Dalla ricerca di Rbm Assicurazione Salute emerge infatti che circa il 18% della spesa sanitaria privata ha riguardato cittadini con redditi compresi tra 15mila e 35mila euro annui, ed oltre il 6% con redditi inferiori a 15mila euro annui.
Il perché di questa fuga dalla sanità pubblica lo si capisce da altri dati. Come quelli del Rapporto Oasi 2018, curato dal Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale dell’Università Bocconi. L’organico del sistema sanitario si riduce, diminuiscono ospedali, personale e posti letto, ed il risultato è il sovraffollamento nei Pronto Soccorso, che vanno in sofferenza. Nelle Marche per un codice giallo bisogna aspettare 42 minuti, nel Lazio 28.
“È inaccettabile – commenta Giacomelli – una persona non può attendere tutto questo tempo per essere curata. Solo nel Lazio in 8 anni sono stati chiusi 16 ospedali e si sono persi 3.600 posti letto, mentre il personale ha subito un taglio del 14%. Non è così che si può garantire un servizio efficiente – sottolinea il Segretario Nazionale di Codici – e non ne pagano le conseguenze soltanto i cittadini, costretti a rivolgersi alla sanità privata o ad affrontare viaggi della speranza fuori regione, come in Campania dove si registra un dato allarmante del 10,5%. Ne risentono anche gli stessi operatori sanitari, come riportato dall’indagine della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurgi e Odontoiatri, secondo cui solo nell’ultimo anno il 50% ha subito aggressioni, dovute anche a questa situazione di profonda insofferenza. Bisogna invertire la rotta – conclude Giacomelli – servono investimenti seri ed una politica mirata per risollevare il Servizio Sanitario Nazionale”.