Lesioni da pressione, l’importanza della prevenzione

Non è stata ancora trovata una cura definitiva alle Lesioni da Pressione (d’ora in poi LDP).

Non è stata raggiunta nemmeno un’uniformità nei comportamenti terapeutici ed assistenziali, malgrado i numerosi studi condotti, le varie figure professionali coinvolte, l’infinità di ausili e presidi impiegati.
Quel che è certo è che un’adeguata prevenzione svolge un ruolo determinante. Ne è convinta la dottoressa Vincenza Maniaci, responsabile lesioni cutanee e governo di outsurcing ausili e presidi assistenziali preventivi e curativi presso l’ASST Santi Paolo e Carlo. L’abbiamo intervista sulla questione delle LDP, soffermandoci sugli aspetti legati non solo alla prevenzione, ma anche alla cura.

Prima di tutto, cosa sono le LDP e quali parti del corpo sono più colpite?

Quando parliamo di LDP, parliamo di una lesione localizzata alla cute e/o al tessuto sottostante solitamente localizzata su una prominenza ossea, come risultato della pressione del tessuto molle tra una prominenza ossea, ad esempio il sacro, ed una superficie esterna, ad esempio un materasso o una carrozzina, o della pressione in combinazione con le forze di taglio. Le sedi corporee più soggette sono il sacro (31%), i glutei (27%) ed i talloni (20%). Bisogna considerare che per innescare il processo che porta poi all’insorgenza della lesione, basta una Pressione di Occlusione Capillare applicata al letto del capillare per farlo collassare fino 32 mmHg. Si consideri che su una superficie piana, come può essere quella di una carrozzina, la pressione che viene a crearsi sulla zona dei glutei può variare tra 300 e 500 mmHg. Una pressione di 60/70 mmHg mantenuta per un tempo superiore a 2 ore induce danni irreversibili.

Cosa si può fare a livello di prevenzione?

La prevenzione di questa condizione devastante deve rappresentare una priorità per qualunque servizio sanitario; circa i 2/3 delle LDP sarebbero evitabili se fossero messe in atto tempestive manovre di prevenzione e ben il 95% delle stesse sarebbero prevenibili, se eseguita una corretta valutazione e attivato un programma di prevenzione volto a considerare e gestire i fattori di rischio intrinseci (proprie del soggetto) ed estrinseci (legate all’ambiente) dei soggetti che possono sviluppare LDP.

Nell’ambito delle attività di prevenzione è necessario:

–  condurre una valutazione strutturata dei rischi, entro un massimo di 8 ore dal ricovero, al fine di identificare le persone a rischio di sviluppare LDP. La valutazione da attuarsi mediante strumenti validati e il giudizio clinico del professionista deve essere ripetuta ogni volta sia richiesto dalla gravità del soggetto;

– condurre una valutazione completa della cute e del tessuto con controlli nelle pliche cutanee e zone a rischio (prominenze ossee), idratazione/secchezza, presenza di eritemi, temperatura, edemi, variazioni della consistenza del tessuto, dolore localizzato;

– attuare un piano di cura della cute: igiene quotidiana (provvedere al mantenimento di una cute pulita e asciutta, non applicare dispositivi che generino calore), uso di un detergente a Ph bilanciato, evitare massaggi o strofinamenti, gestire l’incontinenza al fine di preservare l’integrità del manto cutaneo, utilizzare prodotti idratanti e/o barriera a scopo protettivo;

– prendere in considerazione l’utilizzo di una superficie di supporto, come un materasso antidecubito, per il controllo e la gestione del microclima, riduzione delle forze di taglio e lo scarico delle pressioni nelle zone a rischio. Le superfici di supporto sono progettate proprio per aumentare la superficie corporea in contatto con la superficie stessa (allo scopo di ridurre la pressione di interfaccia), oppure per alterare in maniera sequenziale le aree del corpo sottoposte a carico, riducendo così la durata del carico in una determinata regione anatomica;

– utilizzare medicazioni preventive per proteggere la cute nelle zone più a rischio, come le prominenze ossee, da eventuali sfregamenti e/o frizioni o da eventuali dispositivi medici, come i sondini naso-gastrici o le maschere facciali;

– effettuare uno screening dello stato nutrizionale per ogni soggetto a rischio o con LDP al momento del ricovero in una struttura sanitaria, ad ogni cambiamento significativo delle condizioni cliniche o se non si osserva alcun progresso di riparazione della lesione se presente, al fine di sviluppare un piano nutrizionale individualizzato;

– effettuare riposizionamento e mobilizzazione precoce salvo controindicazioni legate alla condizione clinica. Se si decide di implementare il riposizionamento come strategia di prevenzione, tenere in considerazione le condizioni del soggetto e la superficie di supporto per la ridistribuzione del carico in uso. Determinare la frequenza dei riposizionamenti stabilendo anche orari di scarico della pressione, specificando la frequenza e la durata dei momenti di carico, ed evitando di posizionare il soggetto su prominenze ossee che presentano eritema non sbiancabile e di sottoporre la cute alla pressione e alle forze di taglio. La frequenza dei riposizionamenti va applicata considerando tolleranza dei tessuti, livello di attività e mobilità, condizione medica generale, obiettivi complessivi del trattamento, condizione della cute, comfort. Non utilizzare dispositivi ritagliati o a forma di ciambelle, velli di pecora sintetici, guanti pieni d’acqua o altri congegni similari per posizionare e/o scaricare le pressioni.

Se le condizioni del soggetto lo permettono, sviluppare un programma di mobilizzazione, passando dalla posizione obbligata a quella seduta e alla deambulazione il più rapidamente possibile, proprio per aiutare a compensare il deterioramento clinico spesso osservato in soggetti sottoposti a prolungato riposo a letto.

Abbiamo parlato della prevenzione. Cosa si può fare, invece, per curare le LDP?

È doveroso fare una premessa: “gestire un soggetto a rischio e/o portatore di LDP necessita di un approccio multidisciplinare, che prevede la collaborazione e l’interazione dei diversi professionisti che interagiscono con il soggetto interessato quali, l’infermiere, il medico, il fisioterapista, la dietista ed altri”, presso l’Asst Santi Paolo Carlo è stato implementato un servizio con professionisti in grado di assistere questi pazienti; mediante l’attivazione della consulenza e la successiva applicazione dei protocolli istituzionali di prevenzione e trattamento, garantiamo la gestione e la presa in carico del paziente a rischio e portatore di LDP a 360°, dall’accettazione fino alla dimissione ed eventuale presa in carico territoriale.

Nel momento in cui le LDP insorgono, è importante innanzitutto non abbassare la guardia per quanto concerne le attività di prevenzione, anzi bisogna incentivarle per evitare complicanze e ulteriori insorgenze di nuove lesioni. Dopodiché è importante differenziare le ulcere da pressione da altri tipi di ferite, mediante un sistema di classificazione validato.

In letteratura esiste un sistema internazionale che è quello Npuap/Epuap, che classifica le LDP in quattro stadi più altre due condizioni:

– stadio 1°: eritema non sbiancabile su cute intatta localizzata in corrispondenza di una prominenza ossea;

– stadio 2°: perdita cutanea a spessore parziale, ulcera aperta o vescicola superficiale con un letto della ferita rosso rosa, senza tessuto devitalizzato (slough);

– stadio 3°: perdita cutanea a spessore totale, il grasso sottocutaneo può essere visibile ma le ossa, i tendini o i muscoli non sono esposti;

– stadio 4°: perdita di tessuto a spessore totale, con esposizione ossea, tendinea o muscolare;

– non stadiabile a profondità sconosciuta: perdita di tessuto a spessore totale in cui la base dell’ulcera è coperta da tessuto devitalizzato (slough) e/o escara;

– sospetto danno profondo del tessuto: profondità sconosciuta, area localizzata di colore viola o marrone di cute intatta scolorita o flittene pieno di sangue, dovuta al danno sottostante dei tessuti.

Ad ogni stadio/stato la classificazione fornisce delle informazioni sulle caratteristiche della zona soggetta ad ulcera, che aiuta il professionista a studiare la lesione correttamente. Prima di passare al trattamento, è importante compiere una valutazione iniziale onnicomprensiva del soggetto portatore di un’ulcera da pressione. Una valutazione iniziale comprende: valori e obiettivi di cura del soggetto e/o delle sue persone di riferimento; un’anamnesi completa dello stato di salute/medica e sociale.

È necessario procedere ad un esame obiettivo del paziente, poiché è risaputo che la presenza di una LDP è l’espressione cutanea delle condizioni cliniche del soggetto stesso; e’ importante considerare:

– fattori che possano interferire sulla guarigione (per esempio deficit della perfusione e della sensibilità, infezioni sistemiche);

– valutazione vascolare, nel caso di ulcere delle estremità (per esempio esame obiettivo, storia di claudicatio e indice caviglia-braccio o pressione dell’alluce);

– esami di laboratorio e raggi x;

– nutrizione;

– dolore correlato alle ulcere da pressione;

– rischio di sviluppo di ulteriori ulcere da pressione;

– salute psicologica, comportamenti e cognitività;

– sistemi di sostegno sociale e finanziario;

– capacità funzionale, particolarmente riguardo a riposizionamento, postura e necessità di dispositivi e personale di assistenza, nonchè capacità di aderire ad un piano di gestione di prevenzione e trattamento;

– utilizzo di manovre per lo scarico e la distribuzione della pressione.

Solo dopo aver fatto questa valutazione ci si può focalizzare sul trattamento locale; ma prima di decidere cosa “metterci sopra”, ovvero la medicazione, è importante valutare la lesione. Ad ogni cambio di medicazione bisogna poi osservare la lesione alla ricerca di segni indicativi che richiedano cambiamenti nel trattamento; valutare e documentare le caratteristiche fisiologiche includendo localizzazione, categoria/stadio, dimensione, tipo/i di tessuto, colore, condizioni dell’area perilesionale, margini della ferita, tragitti sinuosi, sottominatura, tunnellizzazione, essudato, odore.

I segni di guarigione vanno valutati sempre mediante uno strumento validato in associazione al giudizio clinico del professionista. È importante valutare e gestire il dolore prima, durante e dopo il trattamento locale. Il trattamento locale non può essere applicato se prima non viene preparata la lesione a riceverlo, ed in questa fase le raccomandazioni indicano l’applicazione della Wound Bed Preparation che prevede queste fasi:

– detersione: rappresenta il primo passo per preparare alla guarigione il letto della ferita, rimuovendo le scorie superficiali ed i residui di medicazione e consentendo una miglior visualizzazione della ferita per la sua valutazione. È importante utilizzare una soluzione adeguata alle caratteristiche della lesione stessa, applicare una pressione sufficiente a detergere la ferita senza danneggiare il tessuto o spingere i batteri in profondità nella ferita;

– debridment: vale a dire rimozione del tessuto devitalizzato all’interno del letto della ferita o sui margini delle LDP, quando risulta appropriato alle condizioni del paziente e coerente con gli obiettivi globali di cura. Il debridment chirurgico fatto con taglienti è consigliato solo in presenza di infezione di ferita, mentre è sconsigliato su un’escara stabile, dura, asciutta e sugli arti ischemici. Tutte le altre modalità di debridment quali autolitico, osmotico, enzimatico, larvale e meccanico, vanno scelte in relazione alle condizioni del paziente e alle caratteristiche della lesione stessa;

– valutazione di complicanze che possono ritardare o interrompere la guarigione delle LDP come ad esempio l’infezione, e nel caso sia presente è importante attenersi alle raccomandazioni, onde evitare i rischi correlati alla stessa che possono compromettere anche gravemente la salute del soggetto portatore di LDP;

– scelta della medicazione appropriata in relazione alla valutazione della lesione stessa.

Anche nella scelta della medicazione ideale è necessario rifarsi alle raccomandazioni presenti ed al giudizio clinico del professionista per scegliere il tipo di medicazione indicato per quella lesione. La scelta di una medicazione per le LDP deve basarsi su: capacità di mantenere umido il letto della ferita; necessità di gestire la carica batterica; natura e volume dell’essudato; condizioni del tessuto nel letto della ferita; condizioni della cute perilesionale; dimensioni, profondità e localizzazione dell’ulcera; presenza di tunnellizzazioni e/o sottominature; obiettivi del soggetto portatore di ulcera.

La caratteristica peculiare delle medicazioni è l’occlusività, ovvero la capacità di trasmettere vapore dalla ferita all’esterno, necessaria per favorire l’ambiente umido. In commercio si può disporre di associazioni di tali medicazioni con agenti antisettici, finalizzati anche al trattamento della ferita infetta.

Le LDP quanto incidono sul Sistema Sanitario Nazionale?

Rappresentano una condizione molto frequente, severa e dolorosa, ma potenzialmente prevenibile in popolazioni ad alto rischio come quella anziana e quella dei soggetti con compromissione dell’autonomia funzionale, che può andare dall’ipomobilità sino all’allettamento completo. Le misure preventive vengono adottate solo nel 9,4% dei casi, dato troppo basso per consolidare l’assunto che la prevenzione viene attuata.

La prevalenza e l’incidenza di tali lesioni, direttamente correlate all’elevata spesa sanitaria, sono indicatori negativi della qualità della vita e dell’assistenza sanitaria erogata. Per questo motivo in Italia, così come nel resto d’Europa ed anche negli Stati Uniti, è necessaria una sostanziale gestione globale del fenomeno che preveda politiche di prevenzione, diagnosi e cura sempre più efficaci ed appropriate, così come lo sviluppo di adeguati sistemi di controllo.

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