L’associazione Codici vince la battaglia sul vaccino antinfluenzale obbligatorio nel Lazio ed ora si apre una nuova fase sul fronte dell’emergenza Covid19.
Obbligo vaccino antinfluenzale, la sentenza del Tar
È stata pubblicata questa mattina la sentenza con cui il Tar Lazio accoglie il ricorso presentato dall’associazione Codici, annullando l’ordinanza con cui la Regione Lazio ha disposto l’obbligo del vaccino antinfluenzale per over 65, pena il divieto di frequentare luoghi di facile assembramento come centri sociali e case di riposo, e personale sanitario e sociosanitario, pena il divieto di avere accesso ai luoghi di lavoro.
La decisione sul vaccino spetta allo Stato
“Come abbiamo sempre sostenuto e come ha riconosciuto il Tar Lazio – dichiara Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – un provvedimento del genere è di competenza statale. Vista l’enorme portata della pandemia, è il Governo che deve assumere decisioni simili e grazie a questa sentenza viene riportato il giusto ordine a livello normativo. Ci teniamo a chiarirlo, per sgombrare il campo da equivoci: per noi il problema non è vaccino sì-vaccino no, ma la necessità di affrontare in maniera globale e coerente la situazione, adottando iniziative che siano fondate su basi scientifiche certe e che non calpestino i diritti dei cittadini. Il vaccino antinfluenzale oggetto del ricorso non protegge da tutti i ceppi circolanti, non ha valenza a livello di immunità di gregge, in quanto si considera quella regionale quando a contare è quella nazionale, e risulta efficace solo in una quota che tra 70% e 85% dei vaccinati. A nostro avviso sono altre le strade da perseguire per contrastare il Covid19”.
Il precedente della Calabria
“Certamente va considerato che l’intervento regionale è dettato da esigenze organizzative in materia di sanità – afferma Carmine Laurenzano, avvocato dell’associazione Codici – ovvero alleggerire carico e pressione sulle strutture ospedaliere durante il periodo autunnale ed invernale, ma esistono anche altre strade che rientrano nell’alveo delle competenze regionali costituzionalmente accordate, come il potenziamento dell’attività di tracciamento, l’intensificazione dei tamponi ed il concreto sviluppo della medicina di prossimità. Appare piuttosto evidente che, con riferimento a queste ultime misure, si tratterebbe di interventi che probabilmente comporterebbero un maggiore impiego di risorse organizzative e finanziarie, ma una logica di risparmio pubblico non può giustificare uno spostamento della competenza normativa dall’alto verso il basso. Il Tar è stato chiaro, per il Lazio come per la Calabria con la sentenza dello scorso 15 settembre: provvedimenti del genere sono di competenza dello Stato. Non si può procedere in ordine sparso, delegando alle Regioni decisioni che non possono assumersi e che a volte creano solo confusione”.