Se non si riesce a consumare in tempo tutto il cibo acquistato o preparato in casa, si è fatto un errore nella spesa o il proprio orto ha prodotto una quantità eccessiva di certi ortaggi che non si sa come finire, perché non pensare a una nuova modalità di condivisione con gli altri?
Si tratta del food swapping: barattare gli alimenti per non trasformare in rifiuto ciò che è ancora commestibile ed evitare inutili sprechi. Una scelta che permette sia di agire in modo etico nei confronti di un bene prezioso come il cibo, sia di incontrarsi con altre persone, entrando in una rete, in espansione, di individui che condividono valori e ideali. Insomma, una buona pratica che ha un alto valore sociale. L’idea di barattare gli alimenti con persone della stessa comunità, data la necessità che ci sia una vicinanza geografica tra gli swappers in modo che i prodotti non vadano a male, nasce sul web. Il primo e più importante portale che permette lo scambio e la condivisione è www.foodswapnetwork.com, che ha aggregato i primi suoi membri negli Stati Uniti, diffondendosi poi nel resto del Nord America e in molti Paesi europei. Creato da cinque giovani donne americane, è diventato con il tempo un vero e proprio movimento che prevede incontri assolutamente reali, una sorta di mercatino in cui scambiare prodotti confezionati, ma anche fatti in casa. Il sito permette infatti di cercare nell’area geografica di interesse e di trovare gli appuntamenti cui partecipare. Qui si porteranno ed esporranno gli alimenti da barattare. Da questa idea sono nate altre iniziative simili, da quella britannica www.casseroleclub.com, che permette di regalare a chi ha bisogno le porzioni extra dei pasti cucinati a casa per sé e la propria famiglia, a AmpleHarvest.org, che ha l’obiettivo di creare dei banchetti di prodotti coltivati negli orti casalinghi in modo da dare un pasto ai bisognosi. Il baratto quindi spesso diventa regalo e si rivolge alle tante persone che non hanno abbastanza da mangiare.
Tutta italiana invece la storia di “L’è maiala”. Aperto a Firenze nel 2012 e basato sulla cucina della tradizione toscana, è il primo ristorante nostrano che dà la possibilità di pagare la cena tramite il baratto. Prima di sedersi a tavola si contratta, scambiando vino, olio, ortaggi e frutta, per esempio, ma anche oggetti vari con il pasto. Quello che non può essere utilizzato per cucinare o arredare il locale viene diviso tra i soci ed il cliente non passerà in cassa alla fine del pasto. Lo swapping non è diffuso solo per quanto riguarda il cibo, ma anche, e forse di più, per abbigliamento, oggetti per l’infanzia o per la casa. L’idea è antica, ma rivisitata. Il baratto è infatti un metodo che si utilizzava nelle economie povere, in cui circolava poca moneta. Naturalmente il desiderio di risparmiare, considerando la crisi globale, non è da trascurare, ma oggi ad esso si lega un’idea nuova: con la fine delle comunità tradizionali, in cui si viveva a stretto contatto con gli altri, barattare significa anche incontrarsi, stringere legami, creare nuovi rapporti. In più l’orientamento al consumo consapevole ed al rispetto per l’ambiente attraverso pratiche che riducano gli sprechi e i rifiuti e quindi l’impatto delle attività umane sulla natura, spinge molte persone a considerare positivamente questo modo di condividere le risorse.