Nei giorni scorsi si è tenuto un evento per la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e sociosanitari, organizzato dal Ministero della Salute in collaborazione con Inail per promuovere l’attenzione e l’informazione sulla preoccupante crescita del numero di episodi di violenza.
Soluzioni insufficienti
Un’iniziativa lodevole secondo l’associazione Codici, che segnala però una grave pecca sul piano delle soluzioni proposte. “Il confronto è sempre importante – afferma Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici –, ma per renderlo anche utile serve il coinvolgimento di tutte le parti in causa. Bisogna affrontare la questione da tutti i punti di vista e, a nostro avviso, questo non è accaduto in occasione di questo evento. I dati sulle aggressioni ad operatori sanitari sono allarmanti, su questo non si discute, così come nessuno può dire nulla sulla necessità di recuperare un rapporto di alleanza tra cittadini ed operatori, evidenziata dal Ministro Schillaci. Quello che non condividiamo è la soluzione proposta. Migliorare l’assistenza territoriale con una più ampia presenza di presidi assistenziali di prossimità può essere certamente d’aiuto, ma non è sufficiente. Non si può ignorare il nodo centrale della questione, che sono gli ospedali. Per recuperare il rapporto con i cittadini, l’accesso al Pronto Soccorso deve essere rapido. Non è possibile trascorrere ore in attesa di una visita, così come non è tollerabile che, una volta che il paziente è stato ricoverato, i parenti debbano attendere ore prima di avere un aggiornamento sulle sue condizioni. E purtroppo questi non sono casi isolati, ipotesi remote”.
Il caso di Teramo
“Emblematico – aggiunge Giacomelli – quanto segnalato da un cittadino che, venerdì scorso, ha accompagnato la moglie al Pronto Soccorso dell’ospedale Mazzini di Teramo per accertamenti in seguito ad un incidente stradale. L’uomo ha raccontato che sono entrati intorno alle 16 e sono usciti all’1 di notte. Un’attesa che ha colpito anche altri pazienti in attesa, come un bambino di 1 anno che è stato assistito solo dopo aver pianto ed urlato per più di mezz’ora. È chiaro che situazioni del genere non sono tollerabili, anzi raccontano una situazione sconfortante. Il servizio sanitario deve essere riorganizzato e questo cambiamento deve coinvolgere anche gli operatori, perché chi è stato assegnato al Pronto Soccorso, deve lavorare lì, basta con spostamenti attuati senza criterio. Queste soluzioni non risolvono il problema, ma producono solo ulteriori inefficienze che poi ricadono sui pazienti. Anche su questi aspetti si sarebbe dovuto discutere nell’evento dei giorni scorsi, in modo da fornire un quadro completo della situazione”.