Certificazioni e sostenibilità, azione inibitoria di Codici contro Fratelli Carli Spa

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Certificazioni e sostenibilità, azione inibitoria di Codici contro Fratelli Carli Spa

Certificazioni e sostenibilità, azione inibitoria di Codici contro Fratelli Carli Spa

L’associazione Codici ha depositato presso il Tribunale di Genova un’azione inibitoria contro Fratelli Carli Spa Società Benefit.

Il nodo della certificazione

Si tratta di un’iniziativa per fare chiarezza sull’uso del termine “certificazione” nel claim “B Corp Certified”, ritenuto dall’associazione ingannevole e perciò idoneo a falsare la volontà e la scelta dei consumatori su decisioni di natura commerciale per l’acquisto di prodotti della società. Con il ricorso al logo “B Corp Certified”, l’azienda dichiarerebbe di essere certificata sotto il profilo della sostenibilità ambientale.

I motivi dell'azione legale

“Il ricorso – spiega Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – ha anzitutto ad oggetto l’uso ingannevole del termine ‘certificazione’ nella comunicazione commerciale effettuata da Fratelli Carli. Più precisamente, la B Corp non pare presentare i necessari requisiti per potersi qualificare sul mercato come ‘certificazione’, in quanto non si basa su uno standard oggettivo e riconosciuto. Le società B Corp non si sottopongono ad una adeguata e competente verifica oggettiva da parte di un organismo di certificazione terzo ed indipendente. Inoltre, il programma di ‘certificazione’ B Corp è basato su una valutazione, denominata B Impact Assessment, che è un mero questionario di autovalutazione, composto da diverse domande a cui risponde la stessa società che ambisce alla certificazione”.

La situazione a livello europeo

La pratica di “esibire un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema di certificazione o non è stabilito da autorità pubbliche” è una delle pratiche commerciali ingannevoli che la Commissione Europea ha proposto di inserire, all’interno dell’Allegato I della Direttiva 2005/29/CE, tra quelle considerate in ogni caso sleali. Anche gli orientamenti elaborati alla fine del 2021 dalla Commissione Europea per l’interpretazione e l’applicazione della Direttiva 2005/29/CE stabiliscono che “nell’ambito delle asserzioni ambientali […] la diligenza professionale, ad esempio, può richiedere che i sistemi di certificazione utilizzati dai professionisti per promuovere le virtù ambientali dei loro prodotti, si attengano a tali norme e offrano benefici sostanziali ai consumatori, oltre a essere controllati e verificati da organismi indipendenti” e che sono considerate sleali le pratiche che “inducono o sono suscettibili di indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, come l’acquisto di un prodotto specifico per effetto dei benefici attesi derivanti dalla presunta adesione a un programma di certificazione”.

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