C’è un orientamento preoccupante da parte della magistratura nei confronti delle azioni di classe.
Il peso delle spese legali
Questo il giudizio che l’associazione Codici esprime sulla scia della sentenza emessa dal Tribunale delle Imprese di Roma in merito all’azione inibitoria collettiva promossa da 104 cittadini contro la costruzione del Ponte sullo Stretto. Senza intervenire nel merito dell’iniziativa legale, l’associazione Codici evidenzia il significato e le conseguenze della condanna alle spese legali disposta per i ricorrenti.
Azioni di classe, l’orientamento allarmante della magistratura
“Stiamo registrando ormai da tempo nei vari Tribunali d’Italia – afferma Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – un orientamento volto, di fatto, a scoraggiare il ricorso alla class action da parte dei cittadini. Non vorremmo ci fosse un disegno specifico. È un timore che viene alimentato da sentenze come quella del Tribunale delle Imprese di Roma, in cui si condannano i ricorrenti al pagamento di circa 240mila euro di spese legali. In questo modo la magistratura affossa le azioni di classe. Un comportamento gravissimo, anche perché in netto contrasto con la normativa e con l’orientamento europeo”.
Appello al Ministero della Giustizia
“È bene considerare un aspetto – aggiunge Giacomelli –, ovvero il parametro con cui vengono stabilite le spese da liquidare. Quando c’è un rigetto, si calcola il valore della causa, mentre quando c’è un accoglimento, si considera il valore reale della causa. In questo modo capita che i cittadini vincano in aula ottenendo somme che a volte non arrivano a coprire nemmeno le spese sostenute oppure, come è avvenuto in questo caso, che perdano ritrovandosi schiacciati dal pagamento di cifre astronomiche. È un’ingiustizia. Siamo preoccupati – conclude il Segretario Nazionale di Codici – e riteniamo che il Ministero della Giustizia debba intervenire per tutelare i cittadini”.